Luigi Sigona: nell’ultima missione a Nassirya, mi ha colpito la serenità con cui gli iracheni affrontano il Covid
Luigi è neurochirurgo al Presidio Ospedaliero S. Maria Delle Grazie di Pozzuoli, Napoli. Ha collezionato diverse esperienze con Emergenza Sorrisi. Della missione in Iraq, lo ha colpito la serenità degli abitanti del luogo: in un mondo in allarme per l’emergenza pandemica, gli iracheni affrontano il Covid con serenità. In effetti, è solo un’altra catastrofe ad aggiungersi alle molte catastrofi sanitarie che devono affrontare ogni giorno.
Qualcosa ti ha colpito particolarmente dell’ultima missione in Iraq, a cui ha partecipato?
Nell’ultima missione c’è stata un’ampia affluenza di persone, soprattutto di bambini, più consistente di quanto è avvenuto in passato. Ho fatto il medico di screening per una media di 100 persone al giorno, per identificare le patologia.
Mi ha colpito soprattutto il tipo di patologia su cui siamo dovuti intervenire: da neurochirurgo, sono intervenuto a risolvere problematiche congenite di tipo neurologico, bambini con malformazioni del sistema nervoso e altre malattie ormai quasi scomparse in Occidente.
Alcuni pazienti – piccoli e grandi – operati nelle precedenti missioni a cui ho partecipato, sono tornati per farsi fare un controllo e per ringraziare. Con alcuni di loro sono in contatto su Messenger.
Hai collezionato diverse missioni come volontario per Emergenza Sorrisi: come racconteresti la tua esperienza con gli abitanti del luogo, in Iraq?
In effetti ho partecipato a diverse missioni: ho iniziato come volontario di Emergenza Sorrisi nel 2016, tramite amici che già collaboravano e andavano in missione. Nello stesso anno sono stato contattato per andare in missione in Siria, nel 2017 in Siria e in Iraq (a Nassirya), nel 2018 a Nassirya e a Tunisi, nel 2019 di nuovo a Nassirya e Mogadiscio. Ho preso parte anche all’ultima missione, quella a Nassirya dello scorso novembre.
Gli abitanti del luogo mantengono un’incredibile serenità nell’affrontare ogni catastrofe sanitaria che li colpisce: nessuna animosità, ma pazienza e estremo rispetto. Nel mezzo del caos degli screening quotidiani in missione mi stupì una signora che, dal nulla, mi fece portare un tè.
Sono anche molto disinibiti: non hanno problemi a farsi visitare ovunque, volendo anche per strada.
Un’altra volta il gestore del bar dell’ospedale mi ha invitato al bar a prendere un tè, per ringraziarmi. Mentre bevevamo il tè sono arrivate persone all’interno del bar e si sono fatte visitare lì.
Mentre in Occidente stiamo tribolando per il Coronavirus, la pandemia da covid non sembra turbare gli iracheni. E in effetti è comprensibile: per loro è solo un dramma che si aggiunge agli innumerevoli drammi che affrontano ogni giorno.
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