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  • Immagine del redattoreEmergenza Sorrisi

Il sorriso è il miglior passaporto che ci sia



Claudio Gallone, oggi analista del profondo a orientamento filosofico, è stato giornalista, reporter di guerra e missioni umanitarie ed è ambassador di Emergenza Sorrisi. Quali sono state le motivazioni che l’hanno indotta a partecipare alle nostre missioni?

Stavo inaugurando una mia mostra fotografica dedicata al Policlinico di Milano, quando ricevetti la telefonata di Fabio Abenavoli. Mi chiese se fossi disponibile a partire in un paio di giorni per andare a documentare una missione di Emergenza Sorrisi in Kenya. Provai la pulsione di partire subito. Mi trovai di fronte a duemila persone: intere famiglie in attesa dei medici che avrebbero potuto donare un futuro ai loro figli. L’interprete chiese l’autorizzazione per lasciarmi fotografare e tutti insieme risposero jambo, che in lingua swahili vuol dire “sì, sei il benvenuto”. Da quel momento è iniziata l’avventura che mi lega a Emergenza Sorrisi. Un’amicizia che dura da oltre vent’anni. Un sodalizio che mi ha offerto l’opportunità di scoprire nuovi Paesi, documentare le missioni e raccontare storie straordinarie attraverso la macchina fotografica.

Come giornalista, inviato speciale e fotoreporter, ha viaggiato in oltre novanta Paesi. Ha documentato teatri di guerra ed emergenze umanitarie. Come reagiscono i bambini di fronte all'obiettivo della macchina fotografica?

I bambini non sono molto consapevoli della propria menomazione. Sono stupiti di essere al mondo e desiderano giocare. Quando fanno fatica a nutrirsi, a causa della palatoschisi, hanno un volto molto sofferente. Non sanno ancora di essere emarginati. In molte comunità, soprattutto in Africa, sono esclusi, spesso abusati e a volte uccisi. In Mozambico un padre e suo figlio di sei anni avevano un labbro leporino bilaterale. Il feiticeiro (lo “stregone del villaggio”) aveva ordinato all’uomo di abbandonare il figlio nel bush: ci avrebbero pensato i leoni. Il padre non lo ascoltò; sapeva che a Maputo sarebbero arrivati medici italiani capaci di fare il miracolo. Partì e riuscì a portare in salvo suo figlio, che fu operato. Poi, preso dal terrore della vendetta dello stregone, lo abbandonò a un orfanotrofio. Ho scoperto che la disperazione dei genitori con in braccio un bambino senza futuro è uguale a tutte le latitudini del mondo. Identico è anche il loro sguardo, colmo di speranza e gratitudine, di fronte ai nostri medici che possono salvare i loro figli.


Tra le esperienze che ha vissuto con Emergenza Sorrisi, c’è stato un viaggio che ricorda con particolare emozione?

L’Afghanistan, dove sono stato quattro volte. Le differenze culturali sono enormi; vedi arrivare le madri con il burqa e sono i padri ad avere in mano la situazione, ma mi ha colpito la loro cura infinita verso i bambini. C’è la paura iniziale nell’entrare in contatto con i medici, ma poi si aprono come un fiore che sboccia.


Oltre alle missioni umanitarie, ha viaggiato in molti Paesi del mondo per la realizzazione di documentari e reportage; negli anni ha notato un cambiamento a favore di un turismo più consapevole, rispettoso dell’ambiente e delle comunità ospitanti?

Purtroppo no, la maggior parte dei turisti arriva in un Paese totalmente impreparata e non entra veramente in contatto con il tessuto sociale. Io mi sono dato una regola: conoscere la comunità che mi accoglie e trattare tutti col sorriso, anche quando si viaggia da soli in posti difficili. Il sorriso è il miglior passaporto che ci sia.


Tra le sue passioni ci sono l’alpinismo e le alte quote. Ha raggiunto diversi “Seimila metri”, come il Khailash in Tibet, il Kilimangiaro in Tanzania e altre montagne sulle Ande. Quanta influenza hanno avuto queste esperienze sulla sua vita professionale, nelle emergenze e nelle relazioni con le persone in difficoltà?

Amo molto i luoghi in cui il viaggio è un percorso con un duplice valore. La scoperta del luogo in cui ci troviamo e il cammino in solitudine con sé stessi. Il Polo Nord, ad esempio, è un “non luogo” in cui ci si muove nel nulla, congelato in uno stato di silenzio assoluto. E’ la metafora di un viaggio interiore. Lo stesso accade quando scali una montagna. Si sale per poter scendere nelle profondità della nostra anima.


Quale messaggio vuol lanciare agli amici di Emergenza Sorrisi e alle persone che non conoscono ancora le nostre attività?

Emergenza Sorrisi rappresenta una straordinaria opportunità di carità e compassione, grazie alla quale si possono aiutare, in modo molto concreto, intere famiglie ad avere una vita autentica. Con un intervento chirurgico è possibile cambiare il destino di tanti bimbi che soffrono a causa della propria menomazione e che sono emarginati dalla comunità. Far parte di Emergenza Sorrisi significa avere il coraggio di uscire dall’ombra, entrare nel dolore del mondo e nell’anima altrui, anche di chi non conosciamo. Significa donare, con un nuovo sorriso, la gioia della vita.

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