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La missione: non ne posso fare a meno!

Immagine del redattore: Emergenza SorrisiEmergenza Sorrisi

Una carriera lunga 35 anni quella di Valentina Maietti, infermiera di sala operatoria al Policlinico Gemelli, ma anche inesauribile volontaria con una media di due missioni all’anno. Si è avvicinata ad Emergenza Sorrisi quasi per caso e la sua prima missione è stata in Senegal.


Cosa si prova a partire come volontario in missione?

Partire come volontaria è un aspetto fondamentale della mia vita, ma è davvero difficile spiegare il significato di una missione se non la si prova sulla propria pelle. Sembrerà strano, ma forse la missione è una grande sana forma di egoismo. È un confronto con i colleghi, un lavorare in strutture diverse dalle tue e un interscambio che ti riempie il cuore. In missione non esiste un cartellino da timbrare, l’obiettivo di tutti è quello di fare più interventi possibili per dare una vita migliore a chi è meno fortunato di noi. Ripartire dopo tanto tempo per l’Iraq mi ha dato una carica di energia pura. Rivedere i colleghi della squadra di Emergenza Sorrisi, i colleghi iracheni è stato speciale. Io non parlo inglese, eppure in missione - nonostante la diversità della lingua - riusciamo sempre a raggiungere l’obiettivo di curare tantissimi bambini. In qualsiasi posto dove andiamo c’è sempre un gran calore che ti avvolge. E tu lo avverti in tutta la tua forza. I colleghi del posto, le famiglie che aspettano e i bambini stessi!


Hai il ricordo di un bambino che ti ha particolarmente colpito?

Lavorando in sala operatoria, non ho tanti contatti con i bambini e non sempre riesco a venire a conoscenza della loro storia. Però ce ne sono alcuni che ti colpiscono e che rimangono nel cuore per sempre. Nella mia prima missione in Senegal ci è capitata una ragazza di 16 anni con ameloblastoma della mandibola inferiore – per i non addetti ai lavori una prominenza esagerata del mento – che le impediva di avere una vita normale. La ragazza si chiama Mame, e dall’età di 8 anni viveva segregata in casa uscendo solo per chiedere elemosina. Emergenza Sorrisi ha deciso di portarla in Italia per essere operata al Policlinico Gemelli e a seguito delle operazioni ho avuto il piacere di ospitarla a casa. È stata un’esperienza bellissima. Lei non aveva mai bevuto il latte, non conosceva cosa fosse il cioccolato e ogni volta che le regalavo qualcosa lo metteva in valigia per i suoi nipotini. Ora è tornata a Dakar, e continuo a sostenere i suoi studi. Frequenta un istituto professionale dove le stanno insegnando a scrivere e a diventare una sarta professionista. Adesso, grazie al suo lavoro, sostiene tutta la famiglia. Questa è una storia di rinascita, in tutti i sensi!


Tu sei originaria di Terracina, così come un’associazione che ha dato un grande contributo per la missione di Nassirya…

Ci tengo davvero a ringraziare l’associazione AnnaLaura, gestita da due splendide persone dotate di grandissima umanità. Hanno donato per la missione in Iraq 2.000 euro di fili di sutura che corrispondono a un quantitativo di 300 fili. Considerate che in media sono necessari 3 o 4 fili per completare un intervento chirurgico. Grazie a questa importante donazione siamo riusciti a coprire tutti i 98 interventi della missione. È stato come se una parte de mio paese fosse venuta con me in Iraq!


C’è un messaggio che vuole lanciare a chi dona?

Quando si crede in una causa è importantissimo metterci la faccia. In questo modo la gente inizia a credere a quello che fai. Ogni volta che parto in missione mi scateno e inizio a pubblicare foto per far vedere a tutti il grande lavoro che facciamo ogni giorno dimostrando che ci sono tante persone disposte adi aiutare gli altri. Quando parto utilizzo le mie ferie, e questo è volontariato puro. Lasciamo le nostre famiglie, i nostri cari per raggiungere Paesi anche rischiosi come ad esempio la Somalia, o lo stesso Iraq. Nonostante questo non ho mai avuto paura! Sarà follia? Sicuramente è una sana follia, ogni missione è come una magia che crea bellezza e ti dà tanto. Di sicuro è un qualcosa di cui non posso fare a meno.



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