Francesca Fago è una fotografa professionista che ha partecipato in qualità di volontaria alla nostra ultima missione chirurgica in Iraq. Questo è il racconto della sua esperienza.
Quando ho deciso di partire come volontaria per Emergenza Sorrisi non sapevo cosa aspettarmi. Un insieme di sensazioni contrastanti si mescolavano nella mente pensando al viaggio che avrei presto intrapreso. Una grandissima curiosità, un forte entusiasmo e qualche timore; tantissime domande: sarò in grado di sostenere la fatica ? Le emozioni? Riuscirò a svolgere un buon lavoro? In quanto fotografa, ho un ruolo particolare all’interno della missione. Attenta osservatrice, testimone silenziosa di tutto ciò che accade, la mia sfida è trovare quella famosa “giusta distanza”. Il rispetto e la delicatezza nel raccontare storie di vita reale. Finalmente arriva il giorno della partenza e mi presento all’appuntamento con un bagaglio pieno di emozioni e macchine fotografiche. Il gruppo poco a poco si riunisce e si riconosce. Alcuni dei volontari si conoscono già e si salutano calorosamente. Altri invece, si presentano timidamente ma hanno tutti dei grandi sorrisi vivaci e la voglia di trasmettere il proprio entusiasmo. Una volta atterrati a Bassora, ci aspetta un pulmino per portarci a Nassirya. I ragazzi iracheni della missione sono lì ad accoglierci con dei sorrisi luminosi. Il viaggio dura tre ore e il paesaggio che attraversiamo è davvero straziante; un deserto infinito, carcasse di macchine lungo la strada e sullo sfondo pozzi di petrolio che bruciano incessantemente. Lo scenario di un paese devastato da anni di guerra… Appena arrivati si comincia subito a lavorare, le persone da visitare sono davvero tante e non c’è un minuto da perdere. Nella sala d’attesa decine di famiglie, madri, padri e bambini arrivati da tutto il paese, in attesa di essere visitati dai dottori. I loro occhi sono pieni di speranza. Gli sguardi dei bambini arrivano dritti al cuore, come un pugno. Sorridono timidi, si avvicinano curiosi alla macchina fotografica. Il primo giorno passa veloce e tutta la squadra lavora senza sosta visitando i pazienti. Poi si passa in sala operatoria e cominciano gli interventi. Io cerco di essere invisibile, come un satellite che orbita, osservo le faticose attività di tutti i volontari. Ognuno di loro dà il massimo. Gli infermieri abbracciano i piccoli come fossero i loro figli, consolano il loro pianti al risveglio dall’anestesia e poi li adagiano dolcemente tra le braccia delle loro madri che aspettavano ansiose fuori dalla sala operatoria. Le madri piangono, stringendo forte i loro bambini che grazie alla missione avranno un futuro diverso. Ci stringono le mani e ci ringraziano come fossimo dei super eroi. Il loro sguardo di immensa gratitudine è uno dei regali più belli che questo viaggio mi ha fatto. In cinque giorni sono stati operati e salvati più di novanta bambini. Il dottor Abenavoli e la sua squadra ha lavorato dodici ore al giorno senza fermarsi mai e senza mai perdere il sorriso e l’entusiasmo. È come se la stanchezza non esistesse. È tale la gioia di aiutare le persone che la fatica e le lunghe ore di lavoro diventano nulla. Quello che di più bello, forte ed emozionante ho riscontrato in questa esperienza è che mentre nei fatti eravamo lì per “dare” a loro (cure mediche, medicinali, formazione) alla fine siamo noi a tornare arricchiti. È stata un’ esperienza di indescrivibile bellezza, umanità, ascensione, condivisione. Ho conosciuto persone meravigliose, che mettono nel loro lavoro una passione e una dedizione inesauribile. Posso dire di conoscere anche me stessa molto di più di un mese fa, e ho capito che ogni paura, ogni timore, ogni difficoltà non sono ostacoli ma opportunità di superarsi e migliorarsi. Ho visto con i miei occhi che tutte le persone si trasformano con un gesto di amore, e che si riceve di più dando che ricevendo. Ho compreso che bisogna impegnarsi ed esserci, anche quando si vorrebbe scappare e che non c’è dono più grande nella vita che quello di essere coraggiosi e sentire le proprie emozioni fino in fondo. Il coraggio, per definizione significa “avere cuore” e credo non ci sia termine più appropriato per questa magnifica avventura.
Francesca Fago
Volontaria in Iraq